Editore: Guanda
Pagine: 208
Si può viaggiare in tantissimi modi: c'è chi viaggia sempre e non parte mai; c'è chi parte e va lontano senza bisogno di viaggiare; c'è chi parte e viaggia e c'è chi non parte e non viaggia. "Viaggiare e non partire" è dedicato a tutti coloro che, in qualche modo, viaggiano, fisicamente o solo mentalmente. Un libro in cui si trovano consigli, riflessioni, massime, interviste a grandi viaggiatori, come Tiziano Terzani o Fosco Maraini, ma anche esperienze vissute dall'autore, viaggiatore attento, curioso e instancabile.
Andrea Bocconi crede che io non sappia leggere. In realtà sono laureato in filologia romanza, mi fingo ignorante per controllarlo meglio, leggere i suoi libretti, scoprire le sue trame. Ho i miei informatori, che mi mandano messaggi in bottiglia e segnali di fumo, come questo Cerami.
Vento Di Mare
Viaggiare e ritornare senza muoversi di casa
Ho letto in quattro e quattr'otto un bel libro appena uscito da Guanda. L'autore è il lucchese Andrea Bocconi, un po' psicoterapeuta, un po' scrittore e un po' guru. II titolo è Viaggiare e non partire, il costo: 10 euro tondi. Il fascino del volume è innanzi tutto nel tono di voce di Bocconi, semplice, caldo, quasi il viaggiatore avesse paura di svegliare un mondo dalla sonnolenza antichissima e sontuosa. Una voce sensuale, che descrive l'incanto dei profumi, dei colori, dei sapori che una volta appartenevano anche all'Occidente e che oggi si concentrano in terre mitiche e lontane, abbandonate a un tempo senza tempo, dove gli abitanti mangiano spiedini di cobra. Il lettore viene strattonato, spinto d'improvviso in una dimensione tanto onirica quanto tangibile e dopo un attacco di agorafobia, di spaesamento, si accorge di non essersi mosso da casa sua: quel viaggio è in verticale dentro se stesso. I fantasmi di Katmandu, le divinità del Gange, il peyote stanno dentro di noi da sempre, in forma di incubo o di tentazione. Ogni visitazione è una rivisitazione, ogni scoperta è pioggia che cade sul bagnato. Solo i sensi viaggiano. Bocconi usa come filo rosso il valore del viaggio in sé, sia quello stanziale che quello itinerante. Per questo non lemosina citazioni e avventure di altri viaggiatori: pensieri acuti e divagazioni falsamente turistiche si alternano tra suggestioni e divertimento, curiosità e bagni nelle zone più profonde dello spirito. Viaggiare e non partire, facendo convivere alto e basso, autobiografia e saggio, espiazioni e redenzioni, fughe e mesti ritorni a casa, si presenta come testo ai confini dei generi, moderno e ricco di annotazioni di estremo interesse. Bocconi è un viaggiatore "professionista", si vede dal disincanto con cui si cala nei mondi incantati, nelle geografie dell'anima, nella esplorazione delle nevrosi che si incarnano nel mito. Il modo migliore di viaggiare, è scritto, è quello di partire senza biglietto di ritorno, pur sapendo di dover ritornare. Un capitolo ha per titolo un'esortazione che esplicita il senso di tutto il volume: "E possa il tuo ritorno sembrare una partenza". Come dire che non si vive in nessun posto, perché partire equivale a tornare. E se non si vive in nessun posto vuol dire che la nostra condizione esistenziale è quella di abitare nell'isola di Thomas More, in quella repubblica perfetta che si chiama "Utopia", che letteralmente significa "in nessun luogo".