di Paolo Ciampi
Editore: Arkadia
Sarà anche un grande pirata il Comandante, ma non sa leggere e non lo vuole dire. Come sente parlare di un libro lo ruba e me lo fa leggere. Poi glielo ripeto e lui si fa bello in società, al circolo Mompracem, per ammaliare le pischelle.
Il Ponte dell’Indiano, perché si chiama così ? Sicuro che molti non sanno, magari lo attraversano tutti i giorni; ma che c’entra un indiano con Firenze? Un Maragià poi, con tanto di statua , là dove furono disperse le sue ceneri ,là dove l’Arno incontra il Mugnone. Riposa alle Cascine, con grande dignità.
Un ragazzo ventenne morto a Firenze, tappa del suo viaggio di ritorno nel suo piccolo reame indiano : si facevano questi viaggi sotto tutela inglese, in India e fuori per coltivare il mito dell’impero. Gandhi ha un anno, la Gran Bretagna domina e controlla i cento, piccoli regni.
Il giovane Rajah di Kolapore deve vedere Firenze, glielo hanno detto a Londra.C’è sempre un rapporto ambiguo tra chi governa e chi fa finta di lasciarglielo fare.
Dietro una notizia c’è una storia, dietro una storia uno scrittore. Ciampi si fa detective, ne ricerca le tracce indiane, inglesi e fiorentine, legge il suo diario di viaggio, scopre che è già padreda un anno: quello che doveva essere il suo Gran Tour diventa l’ultima viaggio.
Ciampi dialoga con Rajaram e scrive di rimbalzo una sorta di autobiografia velata, con una scrittura garbata e precisa, che ha volte sconfina nel lirismo.
Al Comandante sono piaciute le sue collane di perle, le pietre preziose. Chissà dove sono oggi, vorrebbe che chiedessi allo scrittore. Pirata.
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